“Questa è una pagliacciata, se verrò condannato non tirerò fuori un euro e piuttosto mi farò il carcere. Vi sembra normale che nel 2020 si perdano tempo e soldi pubblici con queste stupidaggini?”
A dichiararlo è Alessio Feniello, padre del giovane Stefano, il 28enne di Valva che perse la vita dopo una valanga di neve che distrusse l’Hotel Rigopiano di Farindola, in Abruzzo, nel gennaio del 2017.
Parole dure che giungono a margine della prima udienza del processo che lo vede accusato di avere violato, il 21 maggio 2018, i sigilli giudiziari apposti allo scopo di delimitare l’area nella quale si trovavano le macerie del resort. Sembrerebbe che Feniello si fosse introdotto nell’area sequestrata, nonostante la diffida, per portare dei fiori nel luogo dove il figlio aveva perso la vita.
L’uomo non ha potuto prendere parte all’udienza, essendo arrivato tardi in tribunale. All’ingresso del Palazzo di Giustizia ha anche discusso con gli operatori della vigilanza che non volevano farlo entrare per un coltellino portachiavi di piccole dimensioni. La moglie di Feniello aveva con sé delle manette che ha mostrato ai presenti, minacciando di incatenarsi.
“Mia moglie è stata prosciolta – ha protestato Feniello – e io per lo stesso motivo sono stato condannato”. Il procedimento penale, infatti, era stato aperto per entrambi ma la moglie è stata prosciolta per tenuità del fatto essendo incensurata, a differenza di Feniello che, a causa dei precedenti, ha ricevuto il decreto penale di condanna.
L’udienza è stata aggiornata al 16 aprile 2020.
– Claudia Monaco –
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