Non vuole incontrare i parenti delle vittime di Rigopiano per evitare che le reazioni possano sfociare in atti incivili il Presidente della Regione Abruzzo Luciano d’Alfonso, all’indomani dell’iscrizione del suo nome nel registro degli indagati per la tragedia che si è consumata il 18 gennaio 2017 a Farindola, dove una slavina fece crollare l’hotel Rigopiano. Sotto le macerie del resort persero la vita 29 persone, tra cui il 28enne originario di Valva, Stefano Feniello.
“L’unico incivile è D’Alfonso” risponde Alessio Feniello, il papà di Stefano che da un anno prova invano a parlare con il Presidente della Regione Abruzzo a cui vuole rivolgere delle domande sulla gestione dei soccorsi nelle ore precedenti la valanga.
“Mio figlio è morto per la negligenza delle Istituzioni. E’ un omicidio di Stato -spiega Alessio –Pochi giorni fa a Rigopiano è passato il Giro d’Italia e per sistemare la strada è stato speso un milione di euro. Per il Giro sono stati trovati subito i soldi mentre non hanno fatto nulla per trovare mille euro per acquistare una turbina spazzaneve e salvare 29 persone bloccate nel resort il 18 gennaio. Lo Stato ha distrutto la mia vita e quella della mia famiglia. Cosa resta ad un padre a cui hanno ammazzato un figlio? Sono un morto che cammina, ma continuerò a chiedere giustizia”.
Intanto è salito a 35 il numero delle persone indagate per omicidio plurimo colposo e lesioni.
“È una tragedia che può essere imputata alla mancanza di misure di emergenza da parte dello Stato – spiega il legale dei Feniello, Camillo Graziano. –Siamo fiduciosi nel lavoro della Procura che sta indagano anche sulle responsabilità precedenti al 18 gennaio, sulla carta valanghe ferma al 2007, sulla macchina dei soccorsi e sui lavori di abusivismo edilizio per la costruzione del centro benessere. Non si esclude che che si allunghi la lista degli indagati”.
– Mariateresa Conte –
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