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Preferì morire piuttosto che tradire i suoi ideali. La storia di Nicola Monaco, partigiano di Sacco

Claudia Monaco 25 Aprile 2025

“Preferisco morire piuttosto che tradire”.

Furono queste le ultime parole di Nicola Monaco, partigiano di Sacco, il 31 marzo 1945, poco prima di essere fucilato dai fascisti in provincia di Cuneo. Poco più che 20enne, Nicola credette in quegli ideali di libertà del Paese contribuendo alla Resistenza.

Nicola, figlio di Giuseppe Monaco e Angelina Zoccoli, era terzo di 4 figli: Teodosio, Rosa e Rachele.

Fu chiamato alle armi e assegnato al 54° Reggimento Fanteria “Novara” e poi al 259° Reggimento della Divisione “Murge”. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, che prevedeva la resa incondizionata dell’Italia agli Alleati, Nicola era in Piemonte e qui decise di aderire nelle Langhe alla guerra partigiana.

A raccontarci la sua storia è il nipote, Nicola Rizzo: “Dopo quell’8 settembre molti militari tentarono di tornare a casa propria, altri furono mandati nei campi, altri invece, come zio, decisero di aderire alla Resistenza”.

Nicola, dunque, entra in un gruppo dove è presente un suo cugino ufficiale, Raffaele Monaco, comandato da Enrico Mauri, una brigata badogliana di circa 2mila uomini.

“Qui fecero un lavoro di sabotaggio, combattimento e scontro – racconta Nicola – i partigiani combatterono i tedeschi, i fascisti, invece, i partigiani con un esito colossale”.

Un giorno Nicola soccorre un suo amico in difficoltà, bloccato dai tedeschi in ritirata.

“Occorreva far perdere tempo – dice il nipote – per far intervenire i partigiani e bloccare i tedeschi. Mio zio, dunque, fece una barriera di fuoco per liberare il compagno ma finì le munizioni. Fu così preso e portato via dai tedeschi. Il comandante ordinò ai suoi di schierarsi e zio pensò subito che stavano per ucciderlo: invece gli diedero l’onore delle armi, lui era un soldato italiano che aveva combattuto. Lo passarono poi alle SS, come persona informata sui fatti. Venne torturato ma non cedette e dopo qualche giorno lo passarono ai fascisti. Ucciderlo sarebbe stato un autogol, considerato che sapeva delle cose. Erano giorni difficili, venne torturato ma lui non ha mai ceduto, in gioco c’erano centinaia di vite”.

Nicola viene così condannato a morte: quel giorno è stato raccontato ai familiari da un ufficiale che all’epoca era un bambino di 10 anni che si ritrovò ad assistere alla barbara uccisione del partigiano a Sant’Albano Stura.

“Zio non si reggeva più sulle sue gambe – spiega – e fu portato da due fascisti in piazza, messo in ginocchio e raggiunto da un colpo. Il secondo colpo gli fu sparato alla testa. Il fascista dopo incise una tacca sul fucile dicendo ‘e con questo sono 16’ in riferimento ai partigiani uccisi. In seguito la sua salma fu restituita e oggi riposa nel Sacrario degli Eroi del Cimitero di Salerno”.

Nicola Monaco è Medaglia d’oro al valor militare poiché, come riporta la motivazione nel Decreto “accorreva tra i primi nelle file partigiane partecipando a numerose e rischiose imprese. Volontario in una azione di estrema importanza e del massimo rischio, circondato da forze soverchianti, resisteva sino all’esaurimento delle munizioni. Catturato, suscitava l’ammirazione del nemico che gli concedeva l’onore delle armi. Condotto in carcere, sottoposto ad estenuanti interrogatori seguiti da percosse rispondeva virilmente ‘Preferisco morire piuttosto che tradire’. A testa alta, sorridente, si avviava al luogo del supplizio e si immolava da eroe, come da eroe aveva combattuto. La sua voce non tremò nel lanciare l’ultimo grido ‘Viva l’Italia’“.

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