Lo scorso 15 giugno la Corte di Cassazione ha condannato Giuseppe Petrillo, 38enne di Polla, a 23 anni di reclusione per l’omicidio del 61enne di Polla Nicola Di Gloria. Il delitto si era consumato nella notte tra il 7 e l’8 maggio del 2010 in località Intranita, sulle montagne che separano il Vallo di Diano dalla Basilicata.
Depositate le motivazioni della sentenza di condanna, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Petrillo nel settembre del 2017 attraverso il legale di fiducia, l’avvocato Teresa Sorrentino. Era stata impugnata la sentenza della Corte di Assise di Appello di Salerno che confermava la
sentenza della Corte di Assise di Salerno del luglio 2013 con cui Petrillo era stato condannato.
Alla guida di una Daewod Matiz, il giovane aveva raggiunto Di Gloria presso il distributore Agip di via Annia, dove la vittima lo attendeva a bordo della sua Fiat 600, poi si erano recati, ognuno con la propria auto, in una stradina in località Intranita. Qui Petrillo era entrato nella Fiat 600 e, in seguito ad un tentativo di approccio sessuale da parte di Di Gloria, aveva avuto una colluttazione proseguita anche al di fuori dell’auto, nel corso della quale lo aveva colpito con un’arma da punta e da taglio, ferendolo alla mano sinistra e al torace. Una volta che Di Gloria era finito a terra, Petrillo si era messo alla guida della 600 e lo aveva investito, sormontandolo e trascinandolo, tanto da causarne la morte dovuta a collasso cardiocircolatorio conseguente ad emorragia interna per lacerazioni polmonari ed epatiche.
Con il ricorso presentato da Petrillo in Cassazione, la difesa riteneva che la Corte di merito avesse del tutto ignorato i motivi aggiunti depositati nel 2014, tra cui due consulenze tecniche, inerenti una al problema delle celle telefoniche, l’altra alla capacità di intendere e di volere dell’imputato, così come sarebbero state ignorate le doglianze contenute nel ricorso principale in appello concernenti le tracce ematiche rinvenute sul luogo del delitto, nonché le argomentazioni dei consulenti tecnici della difesa
contenute in due memorie allegate all’appello principale e il contenuto dell‘intercettazione ambientale tra l’imputato e la sorella. Inoltre erano state avanzate richieste istruttorie
ritenute indispensabili ai fini dell’individuazione dell’ora della morte della vittima e delle modalità con cui era stato ferito all’addome e la difesa avanzava un vizio di motivazione circa l’inquadramento del
fatto nella fattispecie dell’omicidio preterintenzionale o colposo.
La Cassazione ha rigettato il ricorso di Petrillo innanzitutto sottolineando la coerenza e la tenuta logica della sentenza di Appello, anche in riferimento a quella di primo grado. Riguardo alla capacità di intendere e di volere dell’imputato la Corte sostiene che “non apparivano condivisibili le conclusioni dei consulenti di parte, che avevano descritto un quadro riferibile a stati emotivi e passionali che, normativamente, non incidono sulla capacità di agire” e che “la difesa tenta di accreditare una diversa ricostruzione della dinamica dell’omicidio, eccentrica rispetto alla ricostruzione storico-giuridica della vicenda” oltre al fatto che la ricostruzione della morte di Di Gloria risulta del tutto coerente con le risultanze processuali.
Si ricorda che Petrillo è stato anche condannato al pagamento delle spese del procedimento e di 2000 euro in favore della Cassa delle Ammende, oltre che a 2500 euro per la parte civile.
– Chiara Di Miele –
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