Lettera del dottor Gianluca Timpone ai colleghi dell’Ordine dei Commercialisti ed Esperti contabili di Sala Consilina-Lagonegro
Care colleghe, cari colleghi, con estremo disappunto e rammarico, dopo aver colloquiato con il vicepresidente dottor Paolo D’Alvano concordando sulle possibili soluzioni per poter addivenire ad un possibile appianamento delle controversie insorte all’interno del Consiglio dell’Ordine, apprendevo della fuga dello stesso e di altri quattro suoi amici di maggioranza. Alla luce di tale peculiare ed ingiustificata azione è emerso un dato significativo che rimarrà impresso nella storia, e cioè quello di aver battuto il record italiano di minore longevità di un consesso democraticamente eletto dopo soli tre mesi dal suo insediamento, all’indomani di una schiacciante vittoria elettorale. Vi domanderete e lo chiedo anche a me stesso, come è possibile che dopo soli 3 Consigli in remoto si possa constatare che non esiste una unità d’intenti.
Un matrimonio di soli tre mesi dopo oltre un anno di fidanzamento e di corteggiamento nei miei confronti. Insomma, hanno fatto tutto loro. Ero stato molto chiaro con chi aveva fatto pressing per la mia candidatura: il Consiglio nuovo non può essere la continuazione del precedente, fatto di guerre e rappresaglie tra professionisti, ma la svolta culturale vera e propria era quella di aver creato un diverso clima propositivo, aperto a tutti gli iscritti e senza interessi da gestire. Lungi dal sottoscritto dover riempire la giornata con le beghe di paese, pittosto il mio intento, condiviso fin dall’inizio, era portare alla ribalta nazionale la visibilità di un piccolo Ordine che vale proprio come un paese rispetto ad una nazione. Era chiaro che avrei dedicato, prevalentemente, le mie energie su Roma, dovendo lasciare spazio sui problemi locali a chi pensavo li conoscesse. Ho subito capito che invece l’unità di intenti declamata durante la campagna elettorale di contro avesse troppe riserve mentali e obiettivi diversi da quelli messi in programma. Il motivo della frattura è avvenuto come noto a tutti sulle scelta del nuovo Presidente nazionale del nostro Ordine, allorquando pur incontrando ufficialmente entrambi i candidati e riservandomi di riflettere sul voto all’uno o all’altro candidato, il past president dottor Ritorto, insieme agli altri componenti e nella sede dell’Ordine incontravano il candidato Moretta di Napoli assumendo nel contempo impegni, dovuti molto probabilmente a pregresse amicizie e non solo. Il tutto con sfregio totale verso il loro legittimo Presidente (eletto dagli iscritti) e nel mentre loro tramavano alle mie spalle veniva mantenuta una posizione di equa distanza tra i due candidati cercando di capire chi avesse più chance e chi meglio rappresentasse il nuovo. Durante il Consiglio che doveva esprimersi con il voto li avevo anche invitati a prendere atto della sicura vittoria del collega De Nuccio e di votare anche per avere poi un buon rapporto con il Consiglio Nazionale che si andava formando, ma nulla, gli impegni presi con l’ODCEC di Salerno e quello di Napoli erano troppo forti e personali per cui decidevano in massa di votare il perdente Moretta, nonostante un comunicato ufficiale che voleva il nostro Ordine a fianco della lista capeggiata dal trionfante Elbano De Nuccio. Quel “te la vedi tu a Roma” era solo un eufemismo. Analizzando la vicenda ho rivisto tutta l’animosità e la voglia di ridurre l’ODCEC ad un campo di stupida contesa, soprattutto allorquando il segretario dell’Ordine, dott. Salerno, su un episodio banale dapprima minacciava l’Ufficio di segreteria di chiamare i Carabinieri e successivamente attraverso un messaggio vocale il suo Presidente (Sic!).
Oltre al pretesto rappresentato dalla revoca al dottor Salerno ci sono state altre ragioni di carattere meno nobile. In primis questo gruppo è nato organizzato e gestito dal past President Ritorto che, ispirandosi al compianto Gianni Boncompagni, ha pensato bene di regalare un auricolare ai “cinque dell’Ave Maria” a cui impartire istruzioni ben precise ed a nulla è valso il mio ed il loro ringraziamento per il suo supporto in occasione della campagna elettorale dove ha utilizzato le sue conoscenze tra gli iscritti per ottenere il voto a favore della lista da lui stesso creata. Del resto sono decenni che ha sguazzato all’interno Consiglio, voltando però più volte le spalle ai tanti che lo hanno aiutato a crescere professionalmente. In Italia purtroppo una volta che una persona lascia una carica, non si riesce a non ritenere propria l’istituzione che si è servita o che sia servita. È nella mentalità comune che chi ti abbia sostenuto dopo debba condizionare il tuo percorso. Se così è ed è stato per un Ordine professionale figuriamoci per gli scaricatori di porto. Con le influenze di chi ha gestito per un ventennio mi dite quale cambiamento possa avvenire?