Due condanne e due assoluzioni. Queste le richieste del Pubblico Ministero Sarah Masacchia al giudice monocratico del Tribunale di Potenza, per la morte di Antonio Caggianese, il giovane operaio di Potenza che perse la vita a seguito di un incidente sul lavoro nel 2018, mentre lavorava in un’azienda situata nell’area industriale di Tito.
Le richieste di condanna, rispettivamente a tre e due anni di reclusione per le accuse di omicidio colposo e violazione della norma antinfortunistica in concorso, sono state avanzate nei confronti di Antonella Cafaro (amministratore dell’azienda) e Donato Scarano (responsabile del servizio prevenzione e protezione aziendale).
Richieste di assoluzione avanzate dal Pm nei confronti di Giovanni Agoglia (direttore tecnico dell’azienda) e Carmine Aliuzzi (amministratore dell’azienda responsabile della fornitura del macchinario in cui il giovane rimase incastrato e perse la vita). Per quest’ultimi due l’accusa ritiene non sussista il reato.
Antonio morì all’età di 27 anni, il 26 febbraio 2018, quando fu vittima di un tragico incidente. Il giovane operaio restò incastrato in alcuni ingranaggi di una macchina vagliatrice di rifiuti all’interno dell’azienda Ageco situata a Tito Scalo. Fatale fu un politrauma da schiacciamento. Il processo a carico dei quattro imputati, lo ricordiamo, è iniziato il 2 luglio 2020 davanti al giudice monocratico del Tribunale di Potenza, dopo il rinvio a giudizio disposto dal giudice per le udienze preliminari Ida Iura a gennaio 2020. Nel procedimento penale sono stati ammessi come parte civile i familiari di Antonio, che anche in quest’ultima udienza sono stati presenti in aula, con l’avvocato Daniele De Angelis, e l’Anmil (Associazione Nazionale mutilati e invalidi del lavoro).
Sin dalla scomparsa di Antonio, diverse le iniziative in sua memoria. Come i murales realizzati dagli amici, manifestazioni dei sindacati davanti l’azienda dove Antonio ha perso la vita e anche una lettera del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha risposto nel novembre del 2019 alla sorella Giusi la quale aveva raccontato alla prima carica dello Stato quanto accaduto. A margine dell’ultima udienza (fissata per il 17 marzo, anche per eventuale repliche) verrà data lettura della sentenza.
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