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Le telecamere di “Agorà” approdano a Marina di Camerota. Protagonisti cittadini in fuga dal Venezuela

redazione 2 Maggio 2019

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Sono approdate questa mattina sul porto di Marina di Camerota le telecamere del talk show in onda su Rai3 “Agorà”, per discutere della drammatica situazione nella quale da mesi versa lo stato del Venezuela.

Molti i cittadini di Camerota originari del Venezuela che hanno deciso di partecipare alla diretta Rai e tutti con una “banda azul” attaccata al braccio, per identificarsi con la rivolta che il leader Guaidò ha intrapreso contro il governo Maduro.

“La casa è diventata ormai un carcere – ha dichiarato Leidy, una ragazza che da un anno vive a Marina di Camerota insieme alla  famiglia – La paura che a mia figlia potesse succedere qualcosa mi ha portato via dal Venezuela“.

C’è anche chi però non vuole essere ripreso dalle telecamere perché in Venezuela ha ancora dei parenti e chiede allo stato Italiano di “riconoscere Guaidò come Presidente ad Interim perché il governo Maduro è finanziato dal narcotraffico venezuelano“. Richiesta, quest’ultima, fatta anche dal presidente dell‘associazione “Alma llenera” Giuseppe Volpe, da dieci anni attiva nel comune di Camerota e sempre più vicina al popolo venezuelano.

Molto commovente è stato l’intervento di Serena, una ragazza di 21 anni che da cinque mesi vive a Marina di Camerota e che da poco tempo ha sconfitto un tumore. “In Venezuela non riuscivo a trovare le medicine per curarmi – ha dichiarato – ed ero costretta a comprarle in Colombia“.

Vicini al popolo venezuelano sono apparsi anche l’assessore alla Cultura Teresa Esposito, sempre vicina ai bisogni dei cittadini, e il Sindaco di Camerota Mario Salvatore Scarpitta che ha sottolineato le centinaia di richieste arrivate al Comune da italo venezuelani per far rientro in Italia.

“Abbiamo un filo diretto con il Venezuela per sapere gli sviluppi – ha detto Scarpitta – Ci sono persone che adesso hanno perso tutto e noi sappiamo quanto è stato importante il Venezuela per lo sviluppo del nostro Comune“.

– Maria Emilia Cobucci –

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