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La storia di Amina, marocchina residente nel Cilento. “Picchiata dai parenti perchè voglio essere occidentale”

Chiara Di Miele 21 Luglio 2023

Ha 18 anni Amina ed è di origini marocchine, ma vive a Castelnuovo Cilento e ha da qualche mese ottenuto la cittadinanza italiana. In questi giorni la sua storia è balzata agli onori della cronaca perchè la giovane ha organizzato una raccolta fondi su GoFundMe per poter andare a vivere da sola e mantenersi agli studi, allontanandosi così dalla sua famiglia che non tollera il suo voler “essere occidentale”.

“La mia storia va avanti da tanti anni – racconta Amina – ma circa 3 mesi fa, quando la mia famiglia marocchina ha scoperto attraverso una conoscente che fossi fidanzata e che mi vesto come una adolescente occidentale, la situazione è degenerata. Quel giorno è stato un incubo. Appena tornata a casa ho provato una paura indescrivibile. Incrociavo solo sguardi d’odio, di delusione e di rabbia. Iniziarono le urla che riuscirono a lacerare qualcosa di più del silenzio. Mia sorella ha iniziato a picchiarmi in faccia e a tirarmi per i capelli portandomi a terra. Io riuscivo solo a piangere, non riuscivo a difendermi. Non volevo farlo. I colpi aumentavano di forza e frequenza ma non riuscivo a sentire dolore. Le parole mi colpirono più forte dei pugni che ricevevo in continuazione. Sentivo solo ‘Sei una pu…’, ‘Invece di pensare alla scuola pensi a fare la tr… in giro’, ‘Non sei più la brava ragazza che conoscevamo’, ‘Hai portato disonore alla famiglia’, ‘Papà se fosse ancora vivo ti avrebbe odiato, l’hai deluso’, ‘Se morivi era meglio, perché non sei morta con nostro padre 8 anni fa’, ‘Ora ti odiamo tutti e per noi sei morta‘. Ho dovuto sentirmi dire le cose peggiori per tutto quel giorno e nei mesi successivi. Mi hanno immediatamente sequestrato il telefono e hanno letto tutte le mie conversazioni e visto tutte le mie foto in galleria. Mi hanno messa a nudo violando ogni mia piccola intimità. Dopo aver conosciuto la vera Amina, mi hanno ripudiata. Non riuscivano neanche a guardarmi. Mia sorella mi continuava a ripetere che se fosse stata in me si sarebbe suicidata dopo quella vergogna. Hanno preso tutti i miei vestiti aderenti e corti e li hanno strappati e bruciati. Mia madre non riusciva più a guardarmi e a tenermi la mano. Io continuavo a ripetere che ero sempre sua figlia ma lei non mi rispondeva“.

La famiglia di Amina aveva inoltre deciso di vietarle di andare ancora a scuola, dato che frequenta un Istituto Superiore di Vallo della Lucania.

“Ho dovuto supplicare 3 giorni continui mattina e notte senza dormire – racconta -. Alla fine hanno acconsentito di farmi finire le superiori poiché mancava un mese e le persone si sarebbero insospettite se avessi fatto il contrario. Mi hanno detto di scrivere l’orario di scuola, i minuti di pausa, i numeri dei professori, l’orario del pullman e dove si ferma ogni giorno. Mi minacciavano di venire a scuola a sorpresa per chiedere se parlavo con qualche ragazzo, quindi avrei dovuto fare la brava se avessi voluto finire quei pochi giorni di scuola. L’università me la dovevo scordare distruggendo così tutti i miei sogni di diventare un medico. Secondo loro avrei dovuto lavorare per il resto della mia vita con un familiare che mi possa controllare, non sarei mai dovuta uscire, avrei dovuto pensare solo a riacquistare la fiducia e fare come dicono così tutto sarebbe ritornato alla normalità. Dopo l’esame di maturità avevano in mente di portarmi dal dottore per controllare se fossi ancora vergine o meno. Se non fossi stata vergine avrebbero subito riparato l’errore che avevo commesso facendomi sposare qualcuno all’istante. Non erano minacce al vento, sapevo che non erano mai stati più seri di così. Ero distrutta, dovevo pensare sia alla maturità sia alla mia situazione. Dovevo studiare con la porta aperta, venivano ogni 10 minuti per capire se avevo un telefono o stavo studiando. Non potevo dormire da sola e anche per uscire a buttare la spazzatura non dovevo superare un minuto fuori. Ogni giorno mi sentivo ripetere le stesse cose, ormai ero abituata al male che mi stavano infliggendo“.

La ragazza ha sopportato i soprusi della famiglia fino a quando ha sostenuto l’Esame di Stato per cui ha ottenuto 100 e lode. Il giorno della prova orale è stata aiutata dagli assistenti sociali che l’hanno condotta in una struttura dove però Amina non è riuscita ad ambientarsi e da cui, essendo ormai maggiorenne, ha deciso di andare via.

“Ora sono da sola con pochi soldi e devo pensare al mio futuro. Ho intenzione di proseguire i miei sogni per diventare dottoressa iscrivendomi alla facoltà di Medicina. Non nego di aver bisogno di aiuto e che da sola non ce la potrei mai fare – spiega -. Ammetterlo è già di per sé coraggioso. Questi fondi verranno utilizzati per la mia istruzione, insieme a quelli che accumulerò da sola lavorando senza studiare fino al prossimo anno, ed insieme ad eventuali bonus, in modo che possa diventare ciò che avevo promesso a mio padre da piccola. Farò di tutto per mantenere la promessa. Ho già ottenuto la mia libertà ma per poter essere esercitata ho bisogno di avere la mia indipendenza economica“.

CLICCA QUI per scoprire la storia di Amina e contribuire alla raccolta fondi.

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