Questa mattina, su delega della Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, i Finanzieri del Comando Provinciale di Salerno hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre un milione di euro nei confronti di otto persone indagate per frode finalizzata all’evasione fiscale e all’autoriciclaggio a carattere transnazionale.
I primi accertamenti delle Fiamme Gialle della Compagnia di Agropoli sono scaturiti dall’approfondimento di alcune anomalie rilevate sull’operatività dei conti correnti riconducibili ad un imprenditore cilentano. Il 52enne, originario di Vatolla di Perdifumo, già noto alle Forze dell’Ordine per precedenti di natura tributaria e di bancarotta fraudolenta, gestiva di fatto diverse società sparse tra l’Italia e la Bulgaria esercenti attività di consulenza per le imprese che intendono usufruire del “Credito d’imposta formazione 4.0”, un incentivo pubblico previsto dalla Legge di Bilancio del 2018 per agevolare i processi di sviluppo tecnologico e digitale.
In sostanza al fine di “risparmiare” l’imposta dovuta sui compensi delle prestazioni, quantificata in oltre un milione di euro, l’uomo si sarebbe avvalso delle società bulgare, veri e propri “schermi” rappresentati fiscalmente in Italia da mere “teste di legno”: un pluripregiudicato di Cava de’ Tirreni ed un cittadino di nazionalità bulgara irreperibile emettevano le fatture senza mai versare neanche un centesimo di IVA.
Fatture per operazioni “soggettivamente” inesistenti dal momento che si riferivano a servizi materialmente resi dalle imprese italiane (tutti i pagamenti da parte dei clienti avvenivano, infatti, sui conti correnti di queste ultime sfruttando il fatto che avevano la medesima denominazione di quelle estere). Per compensare il debito maturato si faceva poi ricorso ad altre fatture false sulla base delle quali le società coinvolte creavano crediti d’imposta fittizi.
Le indagini, svolte anche attraverso l’analisi delle movimentazioni finanziarie ed intercettazioni telefoniche, hanno permesso di risalire alle modalità di impiego dei guadagni illeciti via via accumulati scoprendo, tra l’altro, l’acquisto di una serie di beni di lusso, principalmente imbarcazioni ed auto, queste ultime peraltro reimmatricolate in Bulgaria e fatte rientrare in Italia con targa estera così da accedere a tariffe più vantaggiose su polizza assicurativa e bollo auto.
Parte dei proventi illeciti è stata anche investita per comprare un ristorante nel porto di Agropoli in seguito completamente rinnovato con arredamento, rifiniture e materiali di pregio. Materiali che, con la complicità degli stessi fornitori, risultavano formalmente destinati all’estero potendo in questo modo rientrare nel regime di sospensione dell’imposta sulle operazioni intracomunitarie, quando invece sono stati usati per l’allestimento dello stesso locale.
Su uno dei profili social del principale indagato sono inoltre emersi numerosi filmati in cui l’uomo, totalmente sconosciuto al Fisco dal 2014 al 2019 e che non ha mai rivestito ufficialmente alcun ruolo nell’amministrazione della struttura, se ne dichiarava il proprietario presentandosi paradossalmente come “un imprenditore che paga le tasse”.
Nel complesso meccanismo fraudolento ricostruito dagli investigatori sono coinvolte, a vario titolo, anche altre sette persone accusate di autoriciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazioni fiscali false.
Parallelamente sono state segnalate cinque società per i connessi profili di responsabilità amministrativa. Per garantire il recupero delle somme sottratte all’Erario la Procura della Repubblica ha disposto il sequestro preventivo di beni per 1,2 milioni di euro.
Nel corso delle perquisizioni, i Finanzieri hanno cautelato auto e imbarcazioni nella disponibilità degli indagati, le liquidità trovate sui conti correnti e posto i sigilli anche al ristorante per un valore complessivo che raggiunge la piena concorrenza dell’importo fissato nel provvedimento cautelare.