Il maltempo in Campania ha creato numerosi disagi nel Vallo di Diano. Diversi sono le frane e gli smottamenti registrati, in particolar modo tra San Pietro al Tanagro e Sant’Arsenio e a San Rufo. Molti disagi, inoltre, sono stati provocati dall’esondazione del fiume Tanagro. Su quanto accaduto ne abbiamo parlato con la geologa Marianna Iannone.
- Cosa sta accadendo al nostro territorio?
Ciò che viviamo nel nostro territorio è un po’ l’andamento nazionale. Sappiamo benissimo che le condizioni climatiche sono cambiate e non abbiamo più gli eventi atmosferici “normali” a cui siamo abituati. I diversi millimetri di pioggia che cadono in poco tempo logorano il nostro territorio, provocando alluvioni e frane. Questo perché un po’ siamo purtroppo ancora impreparati a fronteggiare questi eventi calamitosi, ma soprattutto perché il nostro territorio nel corso del tempo ha subito delle trasformazioni, la geomorfologia cambia e questo cambiamento è dovuto per la maggior parte all’antropizzazione e all’abbandono delle fasce pedemontane e collinari che una volta venivano coltivate, per cui la regimentazione delle acque era sistematica e ora non lo è più. Altre note dolenti sono sicuramente i tagli boschivi assidui e poco controllati che spesso creano nuovi tracciati per il passaggio dei mezzi che “tagliano” la montagna, creando delle basi per nuovi fronti di frana.
- Era prevedibile ciò che è accaduto a San Pietro al Tanagro e a San Rufo?
Nell’ambito del rischio abbiamo uno strumento molto importante: lo studio della pericolosità relativa agli eventi franosi e alluvionali. La storia di un territorio ci dà le linee guida: se sappiamo che in un luogo nei decenni o secoli addietro si sono verificati alcuni eventi calamitosi, allora già siamo consapevoli che è un territorio vulnerabile. Questo territorio cambia con il tempo, si costruiscono case, fabbriche, ponti e strade. Tutto ciò viene denominato “valore esposto”, dunque, il monitoraggio e il continuo studio di tali aree portano alla valutazione di rischio. Il rischio ci dice cosa può accadere e come poter prevenire un’emergenza. Quello che voglio dire è che la frana a San Pietro al Tanagro, quella a San Rufo o gli allagamenti del fiume Tanagro sono tutti eventi che si potevano già prevedere. Non sappiamo di preciso il tempo, ma i fattori ci dicono le modalità e ogni Comune dovrebbe investire in studi di pericolosità idrogeomorfologica e sapere come fronteggiare le problematiche.
- Perché il fiume Tanagro continua ad esondare ed il terreno non drena l’acqua?
Il fiume Tanagro ha una problematica di confluenza dovuta ai tanti torrenti che portano acqua e detriti dai monti del Vallo di Diano. Questi torrenti dovrebbero essere sempre puliti proprio per la grossa quantità di detriti che trasportano e per la velocità con cui viaggia l’acqua. Inoltre, dobbiamo dire che nel tempo il letto e gli argini del fiume Tanagro non sono stati mai adeguatamente puliti, il tratto Atena-Polla ha il letto cementificato, una pratica consueta negli anni ’70/’80 per avere maggiore margine nella pulizia e aumentare di altezza gli argini. Nel corso del tempo, però, all’interno della canalizzazione si sono create delle isole di detriti molto grandi e terrazzi fluviali. Tutto ciò è geomorfologicamente giusto nella dinamica fluviale, ma qui no, la parte canalizzata dovrebbe far fluire l’acqua e non creare ostacoli o diminuire l’altezza di portata.
- Cosa possiamo fare per prevenire questi fenomeni?
Noi come cittadini sicuramente dobbiamo essere più consapevoli di ciò che accade nel nostro territorio. Quando costruiamo le nostre case dobbiamo sapere effettivamente dove le stiamo costruendo e richiedere il Piano di Protezione Civile comunale per capire come comportarci in caso di emergenza, ma soprattutto attraverso i comitati locali dobbiamo fare voce grossa e chiedere studi di pericolosità per ogni comune. Vanno chiesti inoltre la pulizia del fiume Tanagro e dei suoi affluenti alla Provincia, alla Regione e al Consorzio di Bonifica.
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