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Fine vita, Cappato e Welby assolti per la morte di Trentini. Due avvocati valdianesi nel collegio difensivo

Chiara Di Miele 28 Luglio 2020

Due avvocati legati al Vallo di Diano nel collegio difensivo che ha portato all’assoluzione di Marco Cappato e Mina Welby accusati di istigazione e aiuto al suicidio per aver aiutato Davide Trentini, 53enne malato di sclerosi multipla, a morire attraverso la pratica del suicidio assistito in una clinica di Basilea. Si tratta di Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio di difesa originaria di Teggiano, e di Franco Di Paola, avvocato di Sala Consilina.

Cappato e la Welby, tesoriere e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, così come già era accaduto nel procedimento per la morte di dj Fabo, per i giudici non commisero reato. Il 14 luglio 2017, il giorno seguente alla morte di Trentini, si presentarono ai Carabinieri di Massa, la città dell’uomo, e si autodenunciarono dando così il via al procedimento penale che ieri si è concluso al cospetto della Corte d’Assise di Massa.

Soddisfatto l’avvocato Di Paola, da sempre vicino ai principi e alle attività dell’Associazione Luca Coscioni a cui Davide Trentini e sua madre si erano rivolti per chiedere aiuto. “È un privilegio immenso aver potuto contribuire al lavoro fatto per il riconoscimento dei diritti civili – dichiara ad Ondanews -. Con questa sentenza che fa un passo in avanti rispetto al caso di Fabiano Antoniani si è segnato un punto decisivo sulla libertà di scelta dei malati. E’ arrivato il momento che il legislatore faccia seriamente la sua parte“.

“E’ una decisione importante – afferma l’avvocato Filomena Gallo – perché chiarisce che il requisito della presenza di trattamenti di sostegno vitale non è limitato alla sola presenza di macchinari ma comprende anche i trattamenti farmacologici e di assistenza come nel caso di Davide. Ha vinto la Carta Costituzionale per i diritti e le libertà di tanti malati che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, ora vedono una corretta interpretazione del requisito ‘Mantenimento in vita da trattamento di sostegno vitale’”.

– Chiara Di Miele –

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