Felice Curcio ha 35 anni ed è nato a Padula, dove si è diplomato. Fino alla Laurea Triennale in Inferimeristica ha continuato a formarsi nel Vallo di Diano, precisamente a Sant’Arsenio, paese valdianese che ospitava il polo dell’Università “Federico II” di Napoli. Sconfinata l’Italia per tuffarsi nel mar Mediterraneo, in Spagna, lì intensifica gli studi fino a diventare Dottore di Ricerca Internazionale in Biomedicina in Andalusia, presso l’ ”Univerdidad de Cordoba” con 110/110 cum laude.
Felice ci racconta la sua esperienza che ha avuto inizio nei sanitari del 118 quindi in situazioni di improvvisa emergenza e dal 2013 si dedica al neonato prematuro. La sua missione a Sassari è evitare ulteriore sofferenza “ad uno che lotta per la vita sin dalla nascita, ridurre i giorni di ospedalizzazione e i costi sanitari, nonché i possibili danni estetici, i quali possono richiedere anche più di un intervento chirurgico”.
Con la tesi “Risk assesment of pressure injuries and prevention in newborns admitted to intensive care” ha stilato una scala di valori per intervenire in maniera efficace sulla piaga cutanea del bimbo.
- Ha scelto un ramo della medicina che tutela la salute dei protagonisti del futuro, i neonati. Da dove nasce questa passione?
In realtà, la mia passione è sempre stata l’area dell’emergenza-urgenza extraospedaliera, il 118 per intenderci; sognavo di lavorare in elisoccorso, una volta conseguita la laurea. Ma dopo il primo impiego, 3 anni in sala operatoria come strumentista, nel 2013 ho preso servizio presso la Terapia Intensiva Neonatale (TIN) dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari. Non avevo mai lavorato con i neonati, tanto meno con neonati prematuri, ma è stato amore a prima vista. Prendersi cura di neonati prematuri (a volte hanno un peso alla nascita inferiore ai 500 grammi), supportare le loro funzioni vitali immature, seguire il loro processo di crescita e vederli andare a casa, dopo diversi mesi di ricovero, insieme ai loro genitori sono emozioni indescrivibili; emozioni che ti riempiono di gioia, che ti spingono ad amare sempre più il proprio lavoro e fare il meglio per questi piccoli guerrieri. Volendo essere più tecnico, dai dati raccolti durante i miei studi è stata osservata un’incidenza nella popolazione neonatale ricoverata in Terapia Intensiva Neonatale (TIN) del 19,13%, vale a dire 1 neonato su 5 sviluppa una o più lesioni da pressione. Oggi, invece, è possibile classificare precocemente i neonati a rischio di soffrire una o più lesioni da pressione e conseguentemente mettere in atto strategie preventive efficaci basate sul rischio valutato secondo criteri oggettivi, al fine di ridurre l’incidenza e le conseguenze derivanti da queste lesioni, quali il dolore, il rischio aumentato d’infezione, i danni estetici. Grazie ai modelli predittivi sviluppati, attraverso l’utilizzo per la prima volta di diagrammi decisionali basati sull’algoritmo CHAID (CHisquared Automatic Interaction Detector).
- Un altro suo merito è la realizzazione della prima scala italiana per valutare il rischio di lesioni da pressione nei neonati. Può spiegarci di che tipo di pressioni si tratta? Il fenomeno è legato al parto?
No, le lesioni da pressione non sono legate al parto. Una lesione da pressione può essere definita come “una lesione localizzata alla cute e/o ai tessuti sottostanti” “. Per i non addetti ai lavori, si tratta delle tipiche “piaghe” che si osservano nei soggetti anziani allettati o con ridotta mobilità. Nei neonati prematuri la causa di incidenza è dell’80% correlata anche a un dispositivo medico o altri oggetti che esercitano pressione sulla cute. Per prevenire queste lesioni, le Organizzazioni Scientifiche Internazionali raccomandano l’uso di scale validate e specifiche. Le caratteristiche della cute dei neonati e la loro particolare condizione clinica richiedono strumenti specifici, diversi da quelli sviluppati per bambini o adulti e considerata la mancanza di una scala di valutazione specifica per i neonati in Italia è stato sviluppato il primo strumento aggiornato alle attuali conoscenze sulle lesioni da pressione. Esso valuta la presenza dei dispositivi medici, come fattore di rischio, nella popolazione neonatale.
- Immagino che il frutto dei suoi studi possa cambiare o migliorare la vita del neonato. Come ci si sente, riesce a descrivere l’emozione?
Indubbiamente è un’emozione immensa. Non solo per il livello di studi raggiunto (in Italia gli infermieri con un dottorato di ricerca sono poche centinaia; per esempio, in Sardegna siamo 6/7), ma soprattutto per aver apportato nuove conoscenze al mondo scientifico e clinico.
- Attualmente è in servizio presso la Terapia Intensiva Neonatale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari, dove è anche docente. Vorrebbe tornare a casa, nel Mezzogiorno?
Non le nascondo che, nonostante siano già 13 anni che vivo lontano da casa, sento ancora il peso della distanza. A Padula vive la mia famiglia alla quale sono legato da un enorme affetto ed amore, oltre ad avere un bellissimo legame con amici fraterni. Ogni volta che posso e che sarà possibile tornerò a Padula, ma per il percorso di studi e la carriera intrapresa non posso tornare definitivamente. Purtroppo, il Mezzogiorno non permette di valorizzare le competenze acquisite; inoltre, sto valutando anche delle proposte all’estero.
- Quali suggerimenti si sente di dare ai giovani che vogliono intraprendere questa professione?
Negli ultimi 25-30 anni vi è stata una profonda evoluzione della professione infermieristica; l’infermiere non è più un mero esecutore di mansioni che ha conseguito un diploma. Oggi, l’infermiere è un professionista. Il mio consiglio a chi intraprende questa professione e che suggerisco sempre ai colleghi e ai miei studenti, è quello di farsi affascinare dalle scienze infermieristiche. Bisogna rimanere attivi, studiare, documentarsi, aggiornarsi alle evidenze scientifiche più attuali e non adagiarsi; solo in questo modo è possibile applicare le competenze e conoscenze più efficaci al fine di fornire un’assistenza di qualità ed empatica in risposta a problemi di salute attuali o potenziali della persona, della famiglia e della collettività.