Nel 1862 dal neonato governo italiano giunse ai Comuni del Vallo di Diano uno strano ordine: evitare nelle loro denominazioni le eventuali omonimie esistenti con gli altri Comuni d’Italia. Ottemperando agli ordini ricevuti gli amministratori comunali si misero subito all’opera e si ebbero così Atena Lucana, Sala Consilina, Montesano sulla Marcellana, San Pietro al Tanagro e Monte San Giacomo. E fin qui niente di male. Ma sul Comune di Diano nacque un pastrocchio: il cambiamento fu così radicale che si andò a ripescare la sua denominazione dell’età romana, che era Tegianum, e che tradotta in italiano divenne Teggiano.
Errore gravissimo ed imperdonabile: pur avendo un illustre passato, il paese già nella tarda età romana aveva assunto il nome di Dianum, che nell’età normanna fu esteso a tutto il territorio circostante, che si disse Vallo di Diano.
Comunque il cambiamento del 1862 fu avversato da tutti i cittadini, capeggiati dal più autorevole di essi, il canonico e storico Stefano Macchiaroli, che definì l’operazione un inaccettabile anacronismo. Non per nulla, anni dopo, precisamente nel 1868, lo stesso Macchiaroli scrisse e pubblicò una storia del suo paese e della Valle circostante, intitolandola “Diano e l’omonima sua Valle”.
Negli anni seguenti si tentò più volte di far recedere dalla decisione presa, elevando proteste in sede comunale e presso le autorità governative, ma fu tutto inutile. Allora, per nulla convinti, i cittadini continuarono a chiamare Diano il loro paese, usando il nome Teggiano soltanto per ovvie ragioni anagrafiche. Sta di fatto che ancora oggi, ad oltre un secolo e mezzo di distanza, la stragrande maggioranza dei cittadini usano la vecchia e cara denominazione, dicendo in dialetto: “vàu a Dianu”, “’nta Rianu”.
Eppure, il nome Diano sarebbe potuto restare adottando la stessa soluzione presa dagli atenesi: in altre parole, come si ebbe Atena Lucana, si sarebbe potuto avere Diano Lucana, soluzione logica perché da millenni il nostro paese arroccato in collina aveva fatto parte della Lucania, vastissima regione che andava da Paestum a Potenza, passando ovviamente per il Vallo di Diano. Ma le cose andarono purtroppo diversamente.
E allora? Che si può fare? Niente, altrimenti si corre un rischio, e cioè che questo problema di alta filologia (Diano o Teggiano) diventi una discussione da bar dello sport, con l’insorgere di due tifoserie contrapposte. Meglio lasciare tutto come sta, demandando la soluzione, che certamente esiste, alle future generazioni. E questo è tutto.
– Arturo Didier –
FONTE: A. DIDIER, Storia di Teggiano, Salerno 2010, pp. 144-145.