“Eccoci a festeggiare il 1° maggio, in un quadro macro sempre più preoccupante, per gli scenari internazionali caratterizzati dal persistere delle guerre, dall’affermarsi in modo sempre più eclatante dei neo nazionalismi, di una tecnocrazia che genera una sempre maggior disuguaglianza globale e un aggravarsi del fenomeno dell’impoverimento“. Così Daniele Manzolillo, Presidente provinciale delle ACLI di Salerno, alla vigilia della Festa dei Lavoratori.
“Anche quest’anno il Primo Maggio non è per molti un giorno di festa, ma l’occasione per riflettere su un’emergenza che riguarda da vicino anche il nostro territorio: lavorare non basta più per vivere con dignità” continua.
In questo quadro le ACLI vogliono dare il proprio contributo all’analisi del tema lavoro povero, attraverso lo studio che IREF- l’Istituto di ricerca delle ACLI e CAF ACLI hanno elaborato analizzando i redditi 2024 degli italiani. Una ricerca condotta con la lente delle disuguaglianze, da cui si evince con forza una questione salariale italiana che dà forza alla campagna nazionale “Pace, Lavoro e Dignità!”. Il dato più allarmante riguarda l’aumento del 55% dei lavoratori in povertà relativa negli ultimi dieci anni, passati dal 4,9% al 7,6% degli occupati. “Numeri – sottolinea Manzolillo – che trovano piena conferma nella nostra attività quotidiana. Sempre più persone, pur lavorando in modo continuativo, si rivolgono a noi perché non riescono ad arrivare a fine mese. Il fenomeno della povertà lavorativa colpisce con forza particolare donne, giovani e lavoratori del Mezzogiorno: le donne in condizione di lavoro povero sono il 54% in più rispetto agli uomini; gli under 30 ne sono colpiti il 70% in più rispetto agli over 50; in regioni come la Basilicata, e lo stesso vale per la Campania, è tre volte più probabile firmare un contratto a bassa retribuzione rispetto alla Lombardia. Nel nostro territorio i giovani salernitani vivono una situazione drammatica: disoccupazione elevata, instabilità contrattuale, salari bassi. Anche chi lavora per buona parte dell’anno non è immune dal rischio povertà. Sempre più spesso chi ha un reddito basso rinuncia a cure mediche, trasporti e istruzione. Il sistema sanitario, in teoria universale, in realtà esclude le fasce più deboli. In Lombardia si spende in sanità il 28% in più rispetto alla Basilicata: un divario che grida giustizia”.
A confermare la gravità della situazione è anche la voce dei servizi ACLI sul territorio. Gianluca Mastrovito, Presidente dei Servizi ACLI di Salerno, sottolinea: “CAF e Patronato ACLI, ogni giorno, accolgono e ascoltano le storie di lavoratori precari, sottopagati o esclusi da ogni tutela. Dalle pensioni future sempre più povere, alle difficoltà nell’ottenere anche i minimi diritti assistenziali, ciò che emerge è una vera e propria emergenza sociale che parte dal lavoro, ma si riflette su tutta la vita delle persone. Dall’analisi di un campione anonimo di 800mila dichiarazioni dei redditi emerge che negli ultimi 10 anni i lavoratori in povertà relativa, perchè a bassa retribuzione, sono aumentati; oggi, in Italia, si può lavorare a tempo pieno e restare poveri. Le disuguaglianze economiche non sono più solo una questione di occupazione, ma anche di retribuzione, accesso ai servizi, salute, genere, età e luogo in cui si vive. I dati analizzati dalla ricerca mettono in luce disuguaglianze economiche e sociali che attraversano il Paese, riflettendo una realtà che riguarda non solo il livello di reddito ma anche l’accesso a servizi fondamentali. Le spese sanitarie dei lavoratori più ricchi dei nostri campioni sono quasi il doppio rispetto a quelli che si avvicinano alla soglia di povertà relativa di bassa retribuzione nel lavoro e questo significa che la sanità è universale solo per una fetta della popolazione. Analisi che ci restituisce l’immagine reale di un Paese dove l’uguaglianza salariale di genere è ancora molto lontana: il campione, infatti, evidenzia come le donne con lavoro a basso reddito siano il 54% in più rispetto agli uomini. Vogliamo rendere la nostra rete dei servizi sempre più capillare, connessa e competente per rispondere ai bisogni plurali e complessi delle comunità. I nostri servizi non sono concepiti come luoghi di disbrigo pratiche, ma presidi sociali capaci di cogliere le trasformazioni profonde del Paese. Le ACLI di Salerno, attraverso i servizi, le sue imprese e soggetti sociali si uniscono, allora, all’appello lanciato a livello nazionale: è tempo di riportare il lavoro buono al centro dell’agenda politica. Non bastano più bonus una tantum o interventi emergenziali, ma misure strutturali: salario minimo legale, rilancio della contrattazione collettiva e riconoscimento di una soglia di esistenza dignitosa, come previsto dall’articolo 36 della Costituzione”.
“Le ACLI – conclude Manzolillo – vogliono continuare ad essere un presidio sociale attivo e credibile. Siamo accanto ai lavoratori e alle famiglie, ascoltiamo i loro bisogni e rilanciamo proposte concrete. Solo partendo dalla dignità del lavoro possiamo costruire un futuro giusto e sostenibile per tutti”.