Lascia un posto fisso di lavoro per aprire un’attività in proprio nel cuore di Madrid puntando sui sapori della sua terra natìa, Buonabitacolo.
E’ questa la storia di Domenico Rosso che vive in Spagna da 16 anni e che ha dato vita al suo progetto imprenditoriale creando “PanDomè”, due panifici che replicano i sapori del Vallo di Diano e, nello specifico, del piccolo borgo buonabitacolese.
Dopo la laurea con voti eccellenti in Scienze della Comunicazione a Salerno, Domenico si è trasferito in Spagna iniziando una gavetta comune a tanti giovani. “Sono partito dal basso ed è stato un bene, giravo con le mie scarpette da ginnastica per le strade di Madrid”, ci racconta.
Una gavetta che ben presto lo porta ad avere grandi risultati e ad arrivare nel mondo delle ONG e, nello specifico, ad Amnesty International e alle Nazioni Unite con Greenpeace. E’ inquieto, però, e ben presto capisce che il vero concetto di felicità non è dietro la scrivania: diventa padre e, contemporaneamente, decide di prendersi il cosiddetto “anno sabbatico”. E così, mentre si gode la paternità, ricerca la sua strada che ben presto lo porta a riscoprire le sue origini, la sua terra, quei sapori mai dimenticati nonostante la lontananza da casa.
E’ nell’alimento più antico al mondo, il pane, la risposta per il giovane buonabitacolese che inizia così a seguire un corso e ad aprire un panificio dove vende agli spagnoli prodotti che ricordano e raccontano la semplicità della sua terra, lontana dal caos della città e abituata ancora allo scandire delle stagioni, dei tempi di attesa e raccolta.
Ed è proprio Domenico a raccontarci il suo percorso fatto di gioie ma anche di grande sacrificio: “Sul logo del mio progetto – afferma – ci sono io perché è un modo di dire ai clienti ‘ci metto la faccia in quello che faccio’”. Ama la semplicità e soprattutto detesta che si pensi che la sua è una strada in discesa perché “la gente è abituata a vedere solo il successo ma mai i sacrifici ed i fallimenti che ci sono dietro il lavoro di ognuno”.
- Domenico, ti sei trasferito in Spagna e sei lì da ben 16 anni. La tua è stata una vera e propria gavetta.
Ho iniziato dal basso, nel mondo delle ONG lavorando per strada e facendo raccolte fondi a livello internazionale per i diritti umani e per la difesa dell’ambiente. Sono diventato responsabile per la Spagna. Ma dopo questa esperienza ho deciso di prendere una pausa perché non mi sentivo identificato nel lavoro che facevo, era di routine, nonostante il prestigio.
- Ad un certo punto hai deciso dunque di cambiare vita. Perché?
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la morte di un mio amico, Giancarlo, per una grave malattia, aveva conosciuto anche mia figlia, avevamo un legame stretto. La sua morte mi ha fatto capire che la vita è breve e va vissuta a pieno correndo anche dei rischi. Mi sono buttato a capofitto in questo progetto sapendo che il rischio del fallimento era alto.
- Durante il tuo periodo ‘sabbatico’ ti sei ritrovato nelle radici della tua terra, Buonabitacolo. Radici che si sono unite ad una tua grande passione, la cucina.
Sono sempre stato appassionato di cucina, da ragazzo facevo pane, pasta e dolci. Spesso all’università mi riunivo con i compagni e cucinavamo. Ho deciso così di fare un corso da panettiere. Il tutto unito a dei valori che solo la nostra terra sa dare: il rispetto dell’altro, il valore dell’amicizia, il rispetto delle materie prime. Il valore del cibo e il valore di comunità sono i concetti cardine del mio lavoro.
- Una scelta non facile. Ci sono stati momenti in cui hai pensato di aver sbagliato tutto?
Bella domanda! Quando sei un imprenditore è importante la preparazione però c’è una parte importante ed è la motivazione, il fatto che tutti i giorni devi alzarti e dire ‘oggi per me sarà un gran giorno, imparerò una cosa nuova, riuscirò a vendere quel prodotto che a me piace tanto’, quindi tutte le mattine, soprattutto all’inizio, cercavo di motivarmi perché è importante. I momenti di sconforto ci sono sempre, specialmente quando sei stanco o hai il morale a terra. Spesso arrivi a dire ‘lascio tutto’ ma la motivazione serve, è carburante. La soddisfazione, poi, si vede nella vendita complessiva, nel riscontro che si ha sugli altri. I momenti di estrema difficoltà, poi, ci sono stati indubbiamente durante il periodo Covid o con gli aumenti dell’energia elettrica. Qualche batosta credo sia normale prenderla, anche quando ricevi cattiverie gratuite dovute all’invidia: ma avere un’attività pubblica significa un poco ‘spogliarsi’ dinanzi agli altri e quindi automaticamente esporsi anche alle critiche.
- Da dipendente ad imprenditore. Qual è stato il cambiamento più importante che hai dovuto affrontare?
Quando sei imprenditore devi farcela con le tue forze. Quando sei dipendente, se sbagli qualcosa, sei responsabile ma è l’impresa che ti può proteggere. Quando sei imprenditore ogni scelta che prendi è una tua responsabilità che può essere civile, penale o anche per un investimento. Da un lato c’è il peso della responsabilità e dell’incertezza ma dall’altro c’è l’aspetto dell’avventura e della creatività. L’atteggiamento fa tanto. Cerco di guardare avanti ed è un atteggiamento positivo che mi permette di vedere il bello delle cose, di imparare. Se un giorno o una settimana va male non mi tiro indietro perché posso migliorare! Mai gettare la spugna.
- Buonabitacolo è presente nella tua attività. Durante una chiacchierata mi hai raccontato che il tuo paese ha contribuito tanto alla tua formazione ma c’è una persona che porti nel cuore e che è considerata un’istituzione.
Nel mio piccolo paese ho imparato tanto. Personalmente ricordo Felicetta, maestra pasticcera conosciuta da tutti. Bravissima con i suoi dolci semplici ma di qualità: per me questa persona è stata importante. In maniera indiretta ha contribuito alla mia formazione e mi ha insegnato a saper cogliere il ‘bello’ negli altri.
- Sporcarsi le mani di farina, per te, è terapeutico. Perchè?
Esatto, fa bene! Tante cose sono accadute nella mia vita e c’è una parte dentro di me molto infantile, sono tipo un bambino inquieto: ho tante energie e idee da voler mettere in pratica. Mi emoziono e queste emozioni mi portano a progettare e a migliorarmi come persona. Una parte importante del progetto è un corso ludico dove i miei clienti vengono a imparare come fare tiramisù, pasta, pizza, anche cavatelli grazie all’aiuto della mia mamma. E’ una cosa ludica, ci si sporca le mani ed è come tornare bambini: la maggior parte sono persone che lavorano in ufficio ed è un modo per recuperare quella parte ‘fanciullesca’, spesso accantonata. Ma perchè metterla da parte? Durante questi corsi parlo del mio paese, Buonabitacolo: mamma durante il corso ha fatto anche il classico sugo della domenica al Sud. E’ riunirsi, conoscersi, parlare della propria cultura: è un modo naturale per parlare delle proprie origini e conoscere il prossimo.
- Cosa senti di consigliare ad un giovane che sta progettando il proprio futuro?
Non voglio dare consigli perché sento che io in primis devo imparare tanto. Quello che faccio è guardare gli altri, ispirarmi al prossimo e saper riconoscere il suo talento senza farmi spingere da invidia e rancore. Ci sono tante cose belle da imparare dagli altri e a volte si tende a vedere il negativo. Forse se ci lasciassimo ispirare dalle cose belle degli altri lavoreremmo per una società migliore.