L’avvento del Covid-19 e le conseguenti misure restrittive per cercare di rallentare la diffusione del virus hanno portato alla chiusura di gran parte delle attività nel nostro Paese. Tantissimi lavoratori si sono ritrovati e si ritrovano in una situazione economica drammatica perchè i ristori ricevuti non riescono a coprire nemmeno la metà delle spese sostenute, molti di loro non hanno ricevuto la cassa integrazione e le prospettive per il futuro sono negative.
Indubbiamente il settore dello spettacolo è stato tra i più colpiti dalla pandemia, i lavoratori stanno vivendo mesi molto difficili segnati dalla totale incertezza, senza avere un quadro preciso su quando e come ricominceranno a lavorare. Ne abbiamo parlato con Gene Gnocchi, uno dei volti più amati dagli italiani che con garbo e gentilezza ci ha concesso questa intervista.
- Innanzitutto come sta vivendo questa pandemia?
Come la vivono tutti, rispetto le regole anche se magari ci sono delle cose che mi lasciano un po’ perplesso. Lavorando nel settore dello spettacolo, il fatto che i teatri siano chiusi è una cosa che mi lascia un po’ dubbioso perché in effetti il teatro, approntando le misure di distanziamento, è un luogo che può essere reso agibile. Faccio però, come si dice, di necessità virtù e quindi devo finire un libro che esce subito dopo Pasqua, siamo agli sgoccioli, quindi diciamo che lavoro, partecipo al programma di Nicola Porro (Quarta Repubblica, in onda ogni lunedì sera su Rete 4, ndr) e lavoro in previsione di un’apertura dei palchi perché quella è la nostra vita.
- Quale può essere un giusto equilibrio tra il riavvio della “macchina dello spettacolo” ed il contenimento del virus?
Il giusto equilibrio era far venire il pubblico distanziato e con tutte le precauzioni che erano state già approvate perchè si era accertato che avevano dato un ottimo risultato. Se non sbaglio, i contagi nei teatri erano di gran lunga inferiori a qualunque altro tipo di attività che poi è stata riaperta. Da questo punto di vista mi aspetto che questa soluzione venga ripresa in considerazione perché tanti colleghi e tanti tecnici del settore sono a casa da più di un anno senza uno straccio di stipendio e con nessuna fonte di sostentamento e questo è veramente avvilente.
- Lei che ha lavorato a teatro e conosce questo mondo, ci può spiegare che lavoro c’è dietro ad uno spettacolo teatrale? E quanta gente lavora dietro le quinte?
Dietro le quinte c’è il lavoro del regista, dei tecnici di palco, dei tecnici audio, dei tecnici delle luci, c’è tutto un mondo insomma. Ormai siamo obbligati quasi sempre a lavorare singolarmente, io di solito mi porto dietro un musicista ma ci sono delle compagnie che soffrono molto perché ad esempio sono composte da 5/6 attori che non lavorano più e di conseguenza non guadagnano 5/6 famiglie. Senza poi contare le famiglie dei tecnici, perché i tecnici sono fondamentali, senza di loro lo spettacolo non si può fare.
- Secondo lei com’è stata gestita la situazione dal Governo?
Non si è capito in questo settore cosa volessero fare perché all’inizio c’era la volontà di poter provare a riaprire, poi invece ci si è tutti impauriti con la preoccupazione che la riapertura potesse procurare dei danni irreversibili e si è chiuso tutto indiscriminatamente. Secondo me è stata gestita un po’ troppo frettolosamente e poi alla fine anche male.
- In questi giorni tiene banco la polemica sull’eventuale partecipazione di figuranti che facciano da pubblico al Festival di Sanremo mentre cinema, teatri e concerti sono fermi da mesi. Cosa ne pensa?
Negli studi televisivi già c’è il pubblico, ad esempio le puntate di X Factor o qualcuna del Maurizio Costanzo Show sono state fatte con il pubblico di figuranti tamponati. Secondo me sarebbe importante dare il segnale che nella sicurezza si può riaprire. Il pubblico dell’Ariston è un pubblico televisivo sostanzialmente e si può fare lo stesso ragionamento, infatti credo che l’orientamento di Amadeus fosse proprio di chiudere la galleria e tenere aperta solo la platea con tutte le norme. Quindi credo che se per il Festival di Sanremo si potrà fare in questo modo, sarà anche un via libera per poter riaprire in sicurezza gli altri teatri.
- Ci può descrivere le emozioni che prova un artista quando è con il suo pubblico dal vivo?
Chi va sul palco lo fa perché c’è il pubblico, un artista deve avere un pubblico assolutamente. Si fa questo lavoro perché hai davanti della gente, che siano 5 o 500 o 5000 tu vuoi far ridere, vuoi far interessare, vuoi far commuovere. Il senso del nostro lavoro è questo.
- Cosa si sente di consigliare alle persone per ripartire dopo questo periodo segnato dall’emergenza da Covid-19?
Spero soprattutto nei vaccini: consiglio a chi è preposto a gestire queste cose di fare il più in fretta possibile. Darei qualsiasi cosa per avere più vaccini possibili perché soltanto attraverso la vaccinazione passa la salvezza del Paese. Prima ci vacciniamo, prima siamo immuni da questo virus e prima il Paese ricomincia a mettersi in moto perché così è tutto fermo, non c’è prospettiva insomma.
- Lei è stato anche un calciatore e da appassionato spesso fa battute che riguardano questo sport. E’ intervenuto anche sulla vicenda Lukaku/Ibrahimović: Lukaku nega di utilizzare riti woodoo:”Altrimenti avrei già trasformato Gagliardini in un calciatore”, sintetizzando con la sua pungente ironia le beghe dei nostri amici interisti. Ha preferenze verso il Milan, giusto?
Tenevo al Milan quando giocava Savićević, siamo amici, siamo quasi fratelli. Avendo però giocato a calcio non sono più tifoso nel senso che guardo i giocatori che mi piacciono, sono più un tifoso ad personam, guardo chi mi piace, quindi non ho particolari preferenze. Se c’è da fare una battuta contro il Milan la faccio. Poi, vedendo l’Inter giocare e vedendo anche Gagliardini, capisco il “dramma” degli interisti, altro che riti woodoo…
– Giusy D’Elia –