
La violenza va condannata, sempre. Anche quella esercitata virtualmente. I giovani nativi digitali sono sempre più esposti a “pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali” tanto da rendere inderogabile l’approvazione, nei giorni scorsi, di una legge in materia di cyberbullismo.
Elena Ferrara, senatrice PD e prima firmataria della legge, è anche un’insegnante di musica: “Porto con me il suicidio di Carolina, una mia alunna di certo non fragile e piuttosto resiliente agli atti persecutori. È crollata sotto il peso dei 2600 like di un video su di lei”.
La legge dà una definizione di cyberbullismo e “non individua una fattispecie di reato, ma un insieme di condotte che afferiscono al codice penale e a quello della privacy”. In sintesi, si prevede che ogni minore con più di 14 anni possa segnalare un contenuto ai gestori di social media e siti internet: se nelle 48 ore successive non c’è rimozione del contenuto violento, si può ricorrere al Garante per la protezione dei dati personali che procederà nelle successive 48 ore all’eliminazione.
“L’importante è non fare entrare i ragazzi nel penale, quando possibile. Bisogna prevenire ed educare”. La legge prevede l’ammonimento dei giovani che, anche inconsapevolmente, hanno fatto cyberbullismo e la promozione di progetti atti a contrastare il fenomeno.
“I giovani oggi sono sempre connessi: alcune statistiche ci dicono che il 17% degli adolescenti è connesso 24 ore su 24, mentre un altro 17% fino a 10 ore al giorno – ci conferma la senatrice Ferrara – Più si abbassa l’età e più è difficile pensare che abbiano la coscienza critica per riuscire a districarsi in questo ambiente nuovo, per cui nessuno ha potuto formarli. I ragazzi devono percepire che esiste una rete di persone che li hanno a cuore nel momento in cui si confrontano con la complessità digitale”.
– Gianpaolo D’Elia –