Lombardia, Campania, Liguria, Abruzzo, Puglia e Molise sono le regioni a maggior rischio del Paese, ovvero quelle con il piĂą alto rischio di mortalitĂ per Covid-19 sul lavoro rispetto alla popolazione occupata, in 22 mesi di pandemia. La prima istantanea dell’ultima indagine elaborata dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre sull’emergenza sanitaria nel Paese sulla base di dati Inail non lascia dubbi. Sono queste le regioni che destano maggiore preoccupazione.
Contemporaneamente il rischio di mortalitĂ meno elevato viene registrato in Trentino Alto Adige, Basilicata, Sardegna, Toscana, Calabria e Veneto. Da gennaio 2020 a ottobre 2021 si contano 782 decessi. Nel mese di ottobre sono state 20 le vittime del Covid-19 entrate a far parte delle statistiche, facendo rilevare un incremento della mortalitĂ pari al 2,6%.
“E’ importante sottolineare che di questi 20 casi solo un decesso è relativo ad ottobre, mentre gli altri rientrano nella casistica dei mesi passati – precisa Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering – un’analisi che conferma una volta di più l’inversione di rotta verificatasi negli ultimi mesi grazie alle vaccinazioni e all’introduzione dell’obbligo del possesso del Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro”.
Ancora alla Lombardia la maglia nera per il maggior numero di vittime sul lavoro per Covid-19 con il 24,8% delle denunce (194 decessi), seguita da Campania (103 decessi), Lazio (84 decessi), Piemonte (60), Puglia (55), Emilia Romagna (50 decessi), Sicilia (45), Veneto (35), Liguria (28 decessi), Abruzzo (27), Toscana (27), Marche (21), Friuli Venezia Giulia (10), Umbria e  Molise (9), Calabria e Sardegna (8), Provincia autonoma di Trento (3), Valle d’Aosta, Basilicata e Provincia Autonoma di Bolzano (2). Gli uomini rappresentano l’83,2% delle vittime. La fascia d’età maggiormente colpita è quella che va dai 50 ai 64 anni con il 71,8% dei casi di morte.
Sul fronte della mortalitĂ per settore, l’88,1% delle denunce di morti sul lavoro per Coronavirus appartiene all’industria e ai servizi. E in questa macro area produttiva continua ad emergere il triste primato del settore sanitĂ e assistenza sociale con il 22,4% delle denunce con esito mortale. Seguono con il 12,9% il settore trasporti e magazzinaggi e con l’11,8% dei casi le attivitĂ manifatturiere (lavorazione prodotti chimici, farmaceutica, stampa, industria alimentare). Con il 10,4% il settore dell’Amministrazione Pubblica e Difesa (attivitĂ degli organi preposti alla sanitĂ , Asl, legislativi, esecutivi), con il 9,9% quello del commercio e con il 6,8% quello delle costruzioni.
In 22 mesi di pandemia e di emergenza, insieme ai settori piĂą coinvolti per numero di morti e infortuni, si consolidano anche i dati sul podio delle professioni piĂą colpite, che sono e rimangono le stesse anche a fine ottobre. Al primo posto per denunce di infortuni mortali Covid-19 troviamo gli impiegati, addetti alla segreteria e agli affari generali (con il 10% dei decessi sul lavoro per Covid), al secondo posto i tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti) con il 9,6% dei casi totali. Seguono conduttori di veicoli a motore (7,8%), i medici (5%) e ancora operatori sociosanitari (3,7%), il personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli) con il 3,3%.
Le denunce di infortunio totali legate al contagio da gennaio 2020 a ottobre 2021 sono 183.147. L’incremento registrato a fine ottobre rispetto a fine settembre è dello 0,8% (1.511 infortuni in più, di cui però solo 619 riferibili a ottobre, i restanti casi invece sono da ricondurre ai mesi precedenti del 2021 e addirittura del 2020). L’incidenza delle denunce di infortunio rilevate nel mese di ottobre rispetto al totale degli infortuni registrati da inizio pandemia è dello 0,3%.
Le donne sono state (e rimangono) più contagiate degli uomini: sono quasi il 70% del totale. Anche per le denunce di infortunio, così come visto per i decessi, sono l’industria e i servizi il macro settore più colpito confermando il dato di fine settembre con il 96,9% dei casi. Così accade anche per il settore più coinvolto nell’emergenza, ovvero quello della “Sanità e Assistenza Sociale” che fa registrare anche dopo 22 mesi di pandemia il più elevato numero di denunce (il 65% del totale). A seguire troviamo il settore dell’Amministrazione Pubblica (attività degli organismi preposti alla Sanità , Asl e amministratori regionali, provinciali e comunali) con il 9,1% delle denunce, il settore dei Servizi di Vigilanza, Attività di Pulizia, Fornitura di Personale (4,4% delle denunce), trasporto e magazzinaggio (3,8%) e le attività manifatturiere (3,2% delle denunce).
Nella classifica delle professioni, poi, si confermano anche a fine ottobre in cima alla graduatoria i tecnici della salute con il 37,4% delle denunce di infortuni. Sono loro i lavoratori che hanno subito maggiormente le conseguenze di 22 mesi di pandemia. Seguiti dagli operatori sociosanitari OSS (assistenti nelle case di riposo) con il 18,1% delle denunce, dai medici (8,5%) e dagli operatori socioassistenziali (nelle strutture ospedaliere) 6,9%. E ancora dal 4,7% del personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli); dal 4,6% di impiegati alla segreteria e agli affari generali, dal 2,3% del personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli. Sempre la Lombardia in testa alla graduatoria delle denunce di infortunio legate al Covid-19 con il 25,1% del totale nazionale. Seguono Piemonte 13%, Veneto 10,5%, Emilia Romagna 8,4%, Lazio 6,7%, Campania 5,9%, Toscana 5,5%, Liguria 3,8%, Puglia 3,8%, Sicilia 3,3%, Friuli Venezia Giulia 2,5%, Marche 2,4%, Provincia Autonoma di Trento, Abruzzo, Provincia Autonoma di Bolzano e Sardegna 1,6%, Umbria e Calabria 0,8%, Valle D’Aosta e Basilicata 0,5% e Molise 0,3%.